L’ELETTROOCULOGRAFIA (EOG): COS’È, COME FUNZIONA E QUANDO SERVE
- Three Dom
- 24 nov
- Tempo di lettura: 3 min
Autore: Dott. Dylan Vella | Ortottista
Introduzione
L’elettrooculografia (EOG) è un esame elettrofisiologico impiegato per valutare la funzionalità dell’epitelio pigmentato retinico (EPR).
Sfrutta il principio secondo cui l’occhio si comporta come un dipolo elettrico: la cornea presenta un potenziale elettrico più positivo rispetto alla retina. Le variazioni di questo potenziale, registrate durante movimenti oculari controllati, permettono di ottenere informazioni sullo stato funzionale dell’EPR e sulle sue risposte al cambiamento di luminanza.
Nonostante oggi tecniche come OCT e autofluorescenza abbiano rivoluzionato la diagnostica retinica, l’EOG rimane un esame con un ruolo ben definito, soprattutto nell’ambito delle distrofie dell’EPR.
Principio di funzionamento
L’EPR partecipa attivamente ai processi di trasporto ionico, omeostasi metabolica dei fotorecettori e mantenimento della barriera emato-retinica esterna. Durante la transizione buio → luce, l’EPR genera un aumento graduale del potenziale elettrico, noto come light rise, dovuto principalmente all’attivazione di correnti di cloro nella membrana basolaterale.
L’EOG sfrutta questo fenomeno registrando:
il dark trough: minimo del potenziale oculare dopo un periodo di adattamento al buio
il light peak: massimo raggiunto dopo illuminazione prolungata
Da questi valori si ottiene il Rapporto di Arden, indice cardine della funzionalità dell’EPR:
Rapporto di Arden = light peak / dark trough
Valori ≥ 1.8 sono considerati normali; valori inferiori indicano una disfunzione dell’EPR.
Come si esegue un’EOG
Il paziente dovrebbe essere dilatato e rimanere in un’illuminazione ambientale stabile per almeno 30 minuti prima dell’esame (sala d'attesa).
Durante questo periodo devono essere evitati stimoli luminosi intensi sulla retina, inclusi retinografie a fluorescenza, fotografie del fundus o altre modalità di imaging, così come l’oftalmoscopia indiretta.
L’esame è semplice, non invasivo e richiede mediamente 40 minuti.
1. Posizionamento degli elettrodi
Quattro elettrodi cutanei di registrazione (in argento-cloruro d’argento o disco d’oro) vengono posizionati ai canti mediali e laterali di entrambi gli occhi, mentre l’elettrodo di massa viene collocato sulla fronte.
2. Fase al buio (circa 15 minuti)
Si chiede al paziente di rimanere immobile, fatta eccezione per il movimento degli occhi destra/sinistra. Il paziente guarda alternativamente due target luminosi situati a destra e sinistra, spostando lo sguardo quando la luce si accende. In questa fase si registra il dark trough.
3. Fase alla luce (circa 15 minuti)
In ambiente illuminato, il paziente ripete gli stessi movimenti oculari. Si registra la progressiva salita del potenziale fino al light peak.
4. Analisi e calcolo
Il software produce la curva temporale e calcola automaticamente il Rapporto di Arden.
L’esame non richiede dilatazione pupillare, non provoca dolore né fastidio rilevante.
Perchè è consigliata la dilatazione pupillare?
La quantità di luce che attraversa le pupille è misurata in un’unità chiamata troland (il prodotto tra la luminanza (cd/m²) e l’area pupillare (mm²)).
Pertanto, il diametro pupillare può modificare la luminanza necessaria per ottenere lo stesso effetto sulla retina.
Se la reazione pupillare, quindi la quantità di luce che attraversa le pupille non fosse controllata farmacologicamente, l'esito dell'esame potrebbe risultare poco preciso.
Possibili interazioni farmacologiche
Nell’interpretazione dell’EOG occorre considerare che il potenziale stazionario può essere influenzato da agenti sistemici. Il mannitolo EV al 20%, l’acetazolamide EV e il timololo sono associati a una significativa riduzione del potenziale, con decrementi riportati fino al 43% in caso di mannitolo. Tali interferenze farmacologiche devono essere tenute in considerazione sia nella programmazione dell’esame sia nella valutazione clinica del Rapporto di Arden.
Indicazione clinica principale
Distrofia maculare vitelliforme (Malattia di Best)
Il Rapporto di Arden risulta marcatamente ridotto, anche in soggetti con retina clinicamente quasi normale o in portatori asintomatici. Riveste quindi un ruolo diagnostico, prognostico e di screening familiare.
Conclusione
L’EOG rappresenta l’esame elettrofisiologico di riferimento per la diagnosi precoce della Malattia di Best.
Considerato che la Malattia di Best è una condizione a trasmissione autosomica dominante, tutti i figli di un soggetto affetto dovrebbero essere sottoposti precocemente a un EOG, anche in assenza di sintomi o di alterazioni del fondo oculare.
L’EOG, infatti, permette di identificare la disfunzione dell’EPR prima della comparsa delle tipiche lesioni vitelliformi, rendendolo un esame fondamentale per la diagnosi precoce e per lo screening familiare.
È eseguibile in bambini collaboranti, con età generalmente superiore ai 7–8 anni; tuttavia, nella pratica la massima affidabilità si ottiene dai 9–10 anni in su.
Se diagnosticata in tempo si puo' trattare?
La Malattia di Best non è trattabile né modificabile nella sua evoluzione naturale, nemmeno se diagnosticata precocemente. Tuttavia, la diagnosi precoce è essenziale per riconoscere i portatori prima della comparsa dei sintomi, evitare diagnosi errate, monitorare la malattia nel tempo e trattare tempestivamente eventuali complicanze come la neovascolarizzazione coroideale, che può beneficiare della terapia anti-VEGF.









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